Piatti biodegradabili, una novità che si tende a confondere troppo spesso

piatti biodegradabili

L’attenzione verso l’ambiente che ci circonda è un sentimento che, per fortuna, si sta diffondendo sempre di più. Nel corso degli ultimi anni, infatti, è aumentata la consapevolezza di come sia fondamentale rispettare molto di più l’ambiente in cui passiamo la nostra quotidianità e, di conseguenza, scegliere di acquistare anche dei prodotti che siano in linea con tale modo di pensare.

I piatti monouso biodegradabili di ecopiatti, ad esempio, rappresentano davvero un’ottima soluzione anche dal punto di vista estetico. Uno dei vantaggi di affidarsi a questa piattaforma è di poter trovare dei piatti biodegradabili davvero di ogni tipo, visto che si va da quelli che integrano un portabicchiere fino ad arrivare a quelli sviluppata appositamente per ospitare le dimensioni di una pizza, senza dimenticare quelli dotati di ben tre scomparti, l’ideale soprattutto per chi deve organizzare gli aperitivi.

Le differenze tra bioplastica e biodegradabilità

Spesso e volentieri questi due termini vengono impropriamente usati come sinonimi, quando non è affatto così. Anzi, esattamente su tale distinzione sorgono tanti problemi. Stando a quanto è stato riferito da parte della European bioplastic, quando si parla di bioplastica si fa riferimento ad un gruppo di materiali differenti: il termine è corretto se il prodotto in bioplastica viene realizzato avendo come base delle materie prime vegetali, se è biodegradabile, oppure se può vantare entrambi questi due requisiti.

Le bioplastiche, di conseguenza, si possono creare anche solo in parte sfruttando l’uso di materiali vegetali, come ad esempio cellulosa, mais oppure canna da zucchero, mentre altre volte derivano da materie prime di derivazione fossile e non sempre sono biodegradabili.

Quando un materiale si può definire biodegradabile?

Per poter parlare di biodegradabilità di un materiale deve essere presente in natura un microrganismo che abbia l’abilità di eseguire un processo di decomposizione, in maniera tale che lo stesso materiale possa essere assorbito in tutto e per tutto direttamente dal substrato.

I materiali che hanno derivazione vegetale, nella maggior parte dei casi sono proprio biodegradabili, ma ci sono anche varie materiali di natura sintetica che possono esserlo, nonostante le tempistiche legate al processo di decomposizione siano chiaramente ed evidentemente più lunghe. Un materiale che viene pubblicizzato come biodegradabile, però, riportare sulla confezione anche tutte quelle informazioni che riguardano sia i tempi che il grado di decomposizione, così come le condizioni perché tale processo avvenga completamente.

I materiali biodegradabili sono anche compostabili?

Ecco un altro aspetto molto importante da chiarire e che non è affatto scontato. Un materiale biodegradabile non vuol dire che è anche compostabile. Di conseguenza, tutti quei rifiuti che vengono classificati come biodegradabili non devono essere collocati all’interno della raccolta dell’organico, ma invece nella pattumiera indifferenziata.

Infatti, un materiale compostabile è certamente biodegradabile, ma al contempo rispetta pienamente alcuni requisiti di degradazione previsti da parte della norma EN 13432. In poche parole, la caratteristica di essere compostabile deriva dal fatto che, nel giro di 180 giorni, subisca un processo di degradazione quantomeno pari al 90% se inserito in un ambiente con un’alta percentuale di anidride carbonica. Al tempo stesso, qualora dovesse essere messo a contatto con materiali organici per almeno 180 giorni, almeno il 90% del materiale stesso deve ridursi in frammenti più piccoli di 2 mm. Tale materiale non deve subire effetti negativi dal ciclo di compostaggio e deve avere valori sia del pH che concentrazioni di vari metalli ed elementi inferiori a determinate soglie.