Il legame che collega la letteratura al gioco d’azzardo

letteratura gioco d'azzardo

Esiste senza dubbio un doppio legame che collega letteratura e gioco. In questo breve articolo andiamo a fare una carrellata sul nesso che intercorre tra gioco d’azzardo e narrativa. Partendo dal passato, tutti ormai conosciamo le abitudini di uno dei maggiori autori dell’ottocento russo, ossia Fëdor Michajlovič Dostoevskij, il quale aveva una naturale passione per il gioco d’azzardo, tanto che questa finì con il condizionare, almeno in una parte della sua vita, la sua prosa. In particolare le antologie fanno riferimento a un determinato periodo in cui l’autore russo per risolvere un problema di debiti, dovuti appunto al gioco, scrisse uno dei suoi libri più celebri, ovvero Il giocatore. Si tratta di un testo molto interessante, visto che grazie alla sua innata abilità narrativa, il Dostoevskij compie una vera e propria ricognizione in quello che sembra essere uno stile di vita davvero molto particolare e affascinante, almeno in un certo contesto ed epoca storica.

Un’esistenza dissoluta, e apparentemente senza regola, crea un certo pathos e fascino romantico, per questa figura. Che dire poi di un altro celebre autore come l’austriaco Arthur Schnitzler, che nel suo Gioco all’alba, descrive con precisione e rigore un mondo estraneo, fatto di strane regole, e di principi che sono chi ha davvero giocato e vissuto in un certo modo potrà smontare e analizzare nella sua profondità. Un mondo fatto di regole dove onore, debiti, riscatto, redenzione e sconfitta la fanno da padrone. Anche lo scrittore italiano Pietro Chiara, pubblica un interessante libro sul tema del gioco.

Si tratta de Il piatto piange, scritto nei primi anni sessanta, e considerato un vero fenomeno di culto, per alcuni. Il romanzo narra le vicende di un paese in epoca fascista, dove tutto si riduce al vizio, cioè alle donne e al gioco. Metafora di vita piuttosto collaudata, questa, come si può leggere anche nel romanzo picaresco Le memorie di Barry Lyndon, di William Makepeace Thackeray, da cui il regista statunitense Stanley Kubrick, trarrà la sua pellicola del 1975. Possiamo quindi affermare che per un lungo periodo il gioco d’azzardo e in particolare quello fatto con le carte francesi ha affascinato e attirato un numero piuttosto elevato di narratori e di autori europei. Questo è sicuramente spiegato dal fatto che il gioco fosse già piuttosto popolare, ancora prima di arrivare al novecento. Oggi, l’approccio con il gioco d’azzardo ha forse perso una parte del suo fascino e di quell’elemento essenziale per dare lo slancio creativo, almeno nella letteratura. Non è però da sottovalutare il ruolo che il cinema ha sempre dato al gioco, e alla sua capacità di creare emozione, pathos e interesse attorno a un tavolo verde da poker o per quanto riguarda il casinò online ennesima variante del gioco in tempi più recenti.  Del resto gli elementi narrativi e le trame sono davvero cambiate molto poco rispetto all’epoca di Schnitzler o di Dostoevskij, e anche se non ci sono state pubblicazioni di vasto successo popolare, i libri che parlano di gioco d’azzardo sono sempre più numerosi, tra gli scaffali delle librerie, oggi.